Pierre Reverdy è stato un poeta francese. Trasferitosi a Parigi nel 1910, si legò agli ambienti dell’avanguardia: la poetica cubista ispirò i primi versi dei Poemi in prosa (Poèmes en prose, 1915). Nel 1917 fondò la rivista «Nord-Sud», che diverrà l’organo principale del modernismo letterario. In L’abbaino ovale (La lucarne ovale, 1916) e nel romanzo autobiografico Il ladro di talento (Le voleur de talent, 1917) la poetica reverdiana cominciò a rivelare la propria originalità: frantumati i nessi sintattici, la ricerca di livelli autentici dell’espressione diviene esplicito programma letterario. Nel 1921 R. si convertì al cattolicesimo, ritirandosi (nel 1926) in una misera casa vicina all’abbazia di Solesmes, dove rimase fino alla morte. Lì, la sua ricerca di una poesia pura e di un linguaggio immediatamente efficace produsse le prose straordinarie del Guanto di crine (Le gant de crin, 1927), che sviluppavano i versi di I relitti del cielo (Les épaves du ciel, 1924). Rivendicato come maestro dai surrealisti, R. mantenne rigorosamente la sua autonomia. Nel secondo dopoguerra raccolse la sua produzione poetica in due antologie, La maggior parte del tempo (Plupart du temps, 1945) e Manodopera (Main-d’oeuvre, 1949) e ripercorse il proprio itinerario nell’opera autobiografica Il mio libro di bordo (Le livre de mon bord, 1948). Con la sua rigorosa «poesia concreta» R. presiedette all’avvento del dadaismo e fu alle origini delle operazioni surrealiste sul linguaggio.